Koinonia compie 25 anni. Una vita, e la mia vita è stata strettamente intrecciata con l’associazione. La solidarietà internazionale per me è un’avventura iniziata tanto tempo fa, quando adolescente, negli anni ’70, iniziai a impegnarmi nel gruppo locale di Mani Tese, voluto nella nostra parrocchia da Don Franco Arceri. In quegli anni prima scoprii e poi imparai ad avvicinarmi al ”Terzo Mondo”, cercando di non pensare a una realtà fatta solo di fame, povertà, guerre, massacri…ma a un mondo fatto di persone che avevano una loro dignità, che andavano sostenute per permettergli di esprimere le loro capacità.

Insieme a tanti altri cercavo di approfondire e capire i meccanismi che producevano quelle realtà e, insieme, scoprivamo le pesanti responsabilità del nostro mondo occidentale con le sue politiche economiche, militari. Lentamente imparavamo a guardare e capire gli altri e ci formavamo una coscienza politica.

Quelli sono stati anche gli anni in cui conoscevamo e stringevamo rapporti di amicizia con missionari e laici che partivano per le loro missioni o come volontari. Rapporti che con il passare del tempo si sono consolidati e che, in tutti questi anni, ci hanno permesso di condividere, ma soprat- tutto di capire realtà diverse, complesse e in costante trasformazione. Le persone che abbiamo incontrato sono diventate non solo amici, ma dei fratelli con i quali camminare fianco a fianco e condividere le esperienze. Sono nomi, volti e storie che fanno parte della mia vita e che mi piace ricordare, P. Renato Sesana, P. Celestino Celi, P. Piero Milan, P. Neno Contran, P. Giambattista Pezzi, P. Franco Moretti, i Comboniani che si sono succeduti nella redazione di Nigrizia:. P Lino Bicari del PIME, tornato in Guinea Bissau nelle zone liberate dai ribelli durante la guerra contro il regime coloniale portoghese; Suor Antonietta Papa e tutte le sue consorelle Figlie di Maria Missionaria e tanti altri.

Durante tutto questo tempo abbiamo declinato l’impegno e la solidarietà in tanti modi. Abbiamo raccolto carta e stracci per le case del quartiere; abbiamo ciclostilato e spedito a migliaia di indirizzi le lettere che questi amici ci spedivano dalla Guinea, dallo Zambia, dal Ciad; abbiamo partecipato a manifestazioni; abbiamo organizzato incontri ed eventi.

Ogni nostra azione, però, aveva gli stessi obiettivi: conoscere e far conoscere sempre di più la realtà di tanti popoli e tanti paesi.

Nel 1987 sulla spinta di P. Kizito abbiamo costituito una cooperativa di solidarietà sociale, la nostra prima struttura per tentare di dare più organicità e veste al nostro impegno. L’anno successivo, il 1988, per me c’è il primo incontro diretto con l’Africa. Vado in Ciad, dove viveva e operava P. Celestino Celi. La terra rossa, la gente che camminava camminava, i villaggi, i suoni dei tamburi lontani alla sera, i centri di salute con tanti malati e poche risorse, i bambini piccolissimi malnutriti per la siccità e la guerra; sono le immagini che mi hanno accompagnato per tanto tempo. A fianco a queste, però, quelle di persone che stavano lavo- rando per il loro riscatto e la loro affermazione, le scuole piene di bambini con pochi mezzi, i ragazzi che studiavano per strada per sfruttare la luce dei lampioni.

Quante domande, laureata in medicina da pochi anni mi sentivo troppo fortunata e ricca a lavorare nelle nostre strutture e a vivere a Roma.

Poi il ritorno in Italia e la morte di P. Celestino in un incidente d’auto in Centrafrica e allora il desiderio ancora più forte di continuare a far qualcosa, ma soprattutto a conoscere e a far conoscere queste realtà, convinta che non si può restare indifferenti e, soprattutto, ignoranti.

Sì perché una delle cose che ci ha sempre caratterizzato come associazione è stata quella di organizzare incontri che permettono di far conoscere le realtà dimenticate, i problemi, cercando di formarci e formare co- scienze diverse, più attente all’altro, al diverso, a quello lontano da casa. La realtà poi ha dimostrato che questi problemi non sono poi tanto lontani, e allora l’immigrazione che ci ha co- stretti al confronto.

Gli anni sono passati e noi ci siamo strutturati prima come associazione e negli ultimi anni an- cora un passaggio per diventare ONLUS. Siamo rimasti sempre gli stessi, con gli stessi obiettivi e gli stessi sogni…. magari un po’ più grandi e con qualche capello bianco. Il tempo ci ha permesso di conoscere altre persone, altre realtà oltre l’Africa, altri amici si sono aggregati seguendo con particolare interesse realtà precise in Brasile, in Colombia, in Bolivia, in Perù….e noi siamo diventati più ricchi, perché la conoscenza , la condivisione sono un bene prezioso.

Oggi ripenso alle tante persone che sono passate da casa e credo di dovere un grazie ai miei genitori che hanno aperto le porte di casa e così mi hanno imparato cosa vuol dire accogliere senza pregiudizi per il colore o lo stato sociale, hanno cercato semplicemente di capire e condividere. Poi è stata la volta della nostra casa e di nostra figlia che si è vista spesso chiedere di cedere la sua camera per qualche ragazzo di Kizito o per qual- che amico di passaggio a Roma, spero che anche a lei succeda quello che è successo a me. Oggi sono contenta perché vedo che un gruppetto di giovani si riunisce, discute ed elabora idee su cose da fare…. mi auguro che il seme cresca.

I progetti sono stati tanti.

Alcuni potrebbero anche far sorridere, come l’acquisto di una macchina per pulire il mais che ha permesso ai contadini brasiliani dei movimenti che occupavano le terre (e intanto noi ci informavamo e conoscevamo questa realtà), di poter strutturare meglio il loro lavoro, l’acquisto di squadre, forbici per corsi di taglio e cucito in Centrafrica che ha permesso a diversi gruppi di donne di imparare un mestiere di creare piccole cooperative, tante adozioni a distanza, la costruzione di un pozzo poi il sostegno ai progetti di Kizito per i bambini e le bambine di strada a Nairobi.

Un altro viaggio in Africa, questa volta proprio a Nairobi. L’impatto è stato brusco con Kibeira, uno degli slum più grandi del mondo, in cui bisogna entrare in punta di piedi e con grande rispetto per le persone che ci vivono. L’incontro con i ragazzi vitali, sorridenti, accoglienti. Difficile credere che alle loro spalle ci siano storie così forti e pesanti, il loro desiderio di riscatto. Tante domande e ancora una volta la convinzione che è giusto mettere le persone nelle condizioni di esprimere le loro po- tenzialità , il futuro è nelle mani di questi e di tutti i giovani. E ancora la certezza che bisogna contribuire a far crescere coscienze diverse per pensare ad un cambiamento possibile.

Così sono passati 25 anni …..mi auguro di poter continuare con gli amici di sempre e con quanti vorranno aggiungersi.. Le cose da fare, prima di tutto qui da noi e poi nei vari progetti non man- cano, dobbiamo credere che le cose possono cambiare e che il contributo, anche piccolo di tutti è importante.

teresaArticolo